Terzo trimestre e parto

In questo ultimo scorcio di gravidanza quello che comanda è il pancione. Molti dei fastidi più o meno grandi dipendono dall’utero e dall’addome ingrossati. Mal di schiena, bruciore di stomaco, difficoltà a dormire, pubalgia, affanno, stitichezza sono in qualche modo collegati alla pancia.

Ammettiamolo però: ne andate così fiere che siete disposte a sopportare qualunque cosa. 

I principali disturbi del terzo trimestre

  • Mal di schiena: Circa il 50-80% delle donne incinte soffre di mal di schiena. Generalmente la causa deriva dalle normali variazioni posturali tipiche della gravidanza. Soprattutto nel terzo trimestre, il baricentro viene spostato in avanti, si accentua la curva lombare e i dischi intervertebrali sono sottoposti ad un carico maggiore, con più probabilità di formare un’ernia. Tra le altre cause, fattori ormonali (che portano mal di schiena già nel secondo trimestre di gravidanza) e vascolari, la sedentarietà o lavori pesanti

     

  • Insonnia: Diversi fattori vi concorrono. L’ansia del parto che, volenti o nolenti, tutte provano. Ma anche la difficoltà a trovare una posizione comoda per dormire, tra mal di schiena e pancione. E, ancora, l’urgenza di dover urinare spesso a causa dell’utero che preme sulla vescica. Insomma, mettendo insieme tutti questi elementi, si capisce che spesso le notti possono diventare interminabili.

     

  • Pirosi gastrica: Il bruciore di stomaco può diventare molto intenso nel terzo trimestre, anche se a volte si presenta già nel primo trimestre di gravidanza. La pressione sullo stomaco provoca la risalita degli acidi verso l’esofago, una sensazione tutt’altro che piacevole. La soluzione sta nell’alimentazione con pasti piccoli e frequenti, evitando cibi speziati o acidi, rimanendo alzate almeno due ore dopo i pasti prima di coricarsi. Anche usare due cuscini a letto è utile.

     

  • Ritenzione idrica: Gambe gonfie, pesanti, dolenti, cellulite sono i sintomi di un accumulo di liquidi negli arti inferiori a causa del ritorno difficile del sangue dalle gambe al cuore. Le ragioni sono varie: dall’alimentazione scorretta (ad esempio per un abuso di sale o poca acqua) al maggiore volume di sangue circolante, dall’eccesso di peso alla mancanza di movimento. È proprio su ciascuno di questi fattori che si deve intervenire per migliorare la situazione. Esistono anche ottimi integratori contro la ritenzione idrica.

     

  • Stitichezza: Potrebbe avervi accompagnate per tutta la gravidanza oppure fare capolino in quest’ultimo periodo. In ogni caso è un fastidio non indifferente, in particolare se compaiono anche le emorroidi, provocate dalla difficoltà ad evacuare. In gravidanza i lassativi vanno prescritti dal ginecologo solo in casi di reale necessità; quindi, si devono cercare soluzioni alternative nel cibo, nell’idratazione, nelle abitudini di vita. E usare quindi i farmaci come estrema ratio.

     

  • Pubalgia: È caratterizzata da un dolore al pube e all’inguine, all’altezza delle ossa del bacino, specialmente quando la mamma è in movimento. Alla base del problema ci sono la sollecitazione dei muscoli e dei tendini del bacino e la postura scorretta. Nella maggior parte dei casi, la sensazione dolorosa si allevia a riposo, facendo un bagno caldo, indossando una pancerina che sostenga l’addome, mantenendo quanto più possibile una postura corretta, in particolare quando si sta sedute.

     

  • Affanno: Nelle settimane prima del parto può capitare di sentirsi affaticate e di avere il “fiatone” quando si fa uno sforzo in più o una camminata. È abbastanza normale che tutto ciò si verifichi: avete accumulato un bel po’ di chili e “portarli in giro” diventa faticoso. Inoltre, il pancione preme sul diaframma, rendendo la respirazione un po’ più difficoltosa. Rimedio: andateci piano, rallentando i ritmi e assecondando il vostro corpo

Anche se tende ad essere meno veloce rispetto al trimestre precedente, il peso continua ad aumentare anche nel terzo. Il Sistema Nazionale Linee Guida per la Gravidanza Fisiologica (SLNG, 2010) ha suggerito che, in linea di massima, i chili in più da raggiungere al termine delle 40 settimane siano tra 7 e 12. L’oscillazione di tali valori dipende dal peso dalla donna all’inizio della gravidanza. Ciò significa che chi parte normopeso può aumentare fino a 12 Kg. Chi è in sovrappeso o addirittura in una condizione di obesità dovrebbe fermarsi a 7. 

Esiste anche una terza ipotesi: la donna sottopeso. In quest’ultima evenienza, lo sforamento dei 12 kg non solo è permesso, ma è anche auspicabile per favorire un decorso equilibrato della gravidanza stessa e del rapporto peso del nascituro/peso della mamma.

Il peso accumulato non è solo “ciccia” della mamma, per quanto in parte – tra cosce, seno, glutei, addome – sia effettivamente così. Nel totale complessivo si devono aggiungere anche i chili del bambino (tra 2,5 e 4), la placenta, il liquido amniotico. Insomma, non diamo la colpa solo alle nostre presunte “voglie alimentari”.

Gli ormoni nel terzo trimestre

Dal sesto al nono mese di gravidanza, il bambino diventa sempre più un individuo a sé stante e la sua presenza in famiglia si fa più tangibile. Si tratta di cambiamenti indotti in gran parte dagli ormoni. Protagonista del terzo trimestre è infatti l’ossitocina, che favorisce il processo di separazione e darà forza alle contrazioni del parto. La donna deve prepararsi dal punto di vista fisico e psichico a “lasciar andare” il bambino, a riconoscersi madre, e questo ormone dà un importante contributo: predispone la mamma ad accogliere il piccolo fuori da sé, ne stimola gli atteggiamenti di protezione e la invoglia a preparare l’ambiente esterno in cui vivrà il bambino.

Questa attitudine accomuna le donne a tutti gli altri mammiferi che stanno per dare alla luce un cucciolo: è l’istinto alla nidificazione che porta a organizzare, pulire, arredare la casa e la cameretta, a preparare tutto ciò che può essere utile per il neonato, a essere selettivi nella scelta delle persone da tenere vicino, affinché il bambino trovi un ambiente il più sicuro e accogliente possibile.

Da parte sua il feto dispone di minore spazio all’interno dell’utero, e questo lo spingerà a crearsi una via d’uscita. Ha un corpo sempre più presente e ingombrante che porta la madre a prendere coscienza della sua definitiva realtà. Ed è proprio il bambino che, mettendosi in posizione cefalica, stimola il collo dell’utero e la conseguente produzione di ossitocina. In questo modo l’utero inizia a prepararsi all’evento della nascita, compaiono le contrazioni dette appunto “di preparazione”, e anche il seno comincia a modificarsi in vista dell’allattamento; può capitare che dai capezzoli fuoriesca un po’ di colostro.

Contemporaneamente un altro potente ormone, il progesterone, rallenta la mamma, che si sente più stanca e pesante, e comincia ad aver voglia di concludere il viaggio della gravidanza.
Anche gli estrogeni intervengono nel processo, stimolando la produzione di un ulteriore ormone, la relaxina, che “rilassa” le articolazioni del bacino e le rende più mobili.

Nel terzo trimestre si può ripresentare l’ambivalenza emotiva tipica del primo trimestre, con sentimenti che passano dalla gioia e dal desiderio di incontrare il bambino alla paura e ai dubbi relativi al parto e alla vita che verrà. Saranno altre sostanze, le endorfine, ad aiutare la madre a sintonizzarsi con le proprie emozioni, ad armonizzare i pensieri e a gestire i timori. L’ascolto, l’accoglienza e la consapevolezza di ciò che si sta vivendo favoriscono il normale fluire degli eventi non solo della gravidanza, ma anche del parto e dei primi mesi dopo la nascita, periodi segnati da un continuo saliscendi di emozioni. È importante riconoscere il disequilibrio come una fondamentale fase adattativa che prepara tanto all’accettazione profonda del bambino quanto alla successiva separazione, quando, qualche mese dopo il parto, la mamma lascerà il figlio alle cure del mondo esterno.

Riconoscere le contrazioni

Il dubbio assale tutte le future mamme, in particolare quelle che non hanno avuto ancora bambini: sarò capace di riconoscere le contrazioni “giuste”? La paura è quella di non rendersi conto che il travaglio è iniziato e di andare in ospedale troppo tardi. Soprattutto le primipare possono stare abbastanza tranquille: il parto non è un evento così veloce. Già dalla fine del secondo trimestre avete imparato cosa sono le contrazioni di Braxton-Hicks, le cosiddette preparatorie. Si avvertono come indurimenti della pancia, ma non sono dolorose. Al massimo provocano un po’ di fastidio. Si presentano diverse volte al giorno, ma non sono regolari. E qui cominciano le differenze con quelle “vere”.

Le contrazioni che indicano che il parto è imminente è che diventano via via più ravvicinate. L’intervallo temporale tra l’una e l’altra si riduce progressivamente. Quando le avvertite ogni 5 minuti è il caso di fare un salto in ospedale. Oltre alla regolarità, l’altro “sintomo” è che aumentano la loro intensità e la loro durata. Ricapitolando: le contrazioni sono regolari, di intensità e di durata crescenti. E non passano: provate con la doccia. Se i crampi rimangono lì allora probabilmente ci siete. I dolori sembrano quelli mestruali, ma molto più intensi. Prendono il basso ventre, a volte anche la schiena, nella zona dei reni. Ma è comunque una sensazione molto soggettiva, così come la soglia del dolore. 

Quando andare in ospedale

Ecco il secondo dubbio amletico. Quando andare in ospedale? Alla prima contrazione o meglio aspettare? E se poi si fa troppo tardi? In genere, in caso di dubbi contattate la sala parto, in modo da farvi dire con certezza che fare. In alcuni casi però è opportuno andare, senza indugiare troppo: 

  • Perdite di sangue. 
  • Rottura delle membrane (in particolare se il liquido non è trasparente, ma “tinto”, segnale che indica la presenza di meconio. 
  • Assenza di movimenti fetali (devono essere almeno 10 al giorno).
  • Contrazioni regolari, che aumentano di intensità e durata.

In tutte queste alterne fasi psicologiche della gravidanza, è da sottolineare l’indispensabile ruolo che il partner della donna svolge durante l’intero percorso. Poter costantemente contare su un compagno sensibile, empatico ed accogliente è uno degli aspetti chiave che fa sentire la donna “forte” nell’attraversare le fragili e oscillanti “altalene” psicologiche della gravidanza

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