La tutela dei minori sui social network
Nell’ordinamento giuridico italiano non sussistite un divieto indiscriminato di accesso ai social media per finalità protettive, poiché – nell’odierna era digitale – ciò comporterebbe per il minore un limite ingiustificato alla partecipazione scolastica, ricreativa, culturale ed associativa.
La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sancisce il diritto del fanciullo alla libertà di espressione, ivi compresa la libertà di ricercare, ricevere e divulgare informazioni ed idee di ogni specie, nonché il diritto alla libertà di informazione sul web e di adesione a social network e community, quali forme di aggregazione e associazione on line.
Ciò nonostante, il legislatore italiano ha fissato un limite di età (14 anni) per l’accesso ai principali social network, senza tuttavia risolvere il problema del controllo sulla veridicità dei dati anagrafici che l’utente fornisce. Nulla impedisce al minore infra-tredicenne, infatti, di creare un profilo fake, falsificando la propria data di nascita.
Ne consegue che il social network non solo consentirà al minore l’iscrizione alla piattaforma, ma modificherà i propri contenuti e servizi (inclusa la pubblicità proposta) sulla base delle informazioni anagrafiche fornite, abilitando la geolocalizzazione e la condivisione dei contenuti con chiunque.
Pertanto, l’unico strumento per evitare tali situazioni è l’uso di mezzi di controllo da parte dei genitori, volti ad arginare l’accesso a contenuti inadatti.
Da tale esigenza nasce il c.d. “parental control”, cioè il software che consente di bloccare/filtrare l’accesso a determinate pagine web ritenute inadeguate ovvero a consentire l’accesso solo a quelle preventivamente selezionate.
Da diverso tempo, purtroppo, innumerevoli genitori hanno iniziato a pubblicare sul proprio profilo social le immagini dei figli (anche neonati), condividendo foto ed informazioni che entrano in rete senza il consenso del minore interessato. Tale fenomeno viene sovente sottoposto all’attenzione dell’autorità giudiziaria, chiamata a decidere in tutti quei casi in cui un genitore chiede che venga inibita all’altro la pubblicazione delle foto dei figli sui social ovvero intimata la rimozione di quelle già “postate” senza il consenso di entrambi.
L’attuale giurisprudenza, pronunciandosi chiaramente sul punto, afferma che l’inserimento da parte del genitore delle foto dei figli sui profili social – indipendentemente dall’accordo di entrambi i genitori – integra comunque una violazione al diritto all’immagine ed alla riservatezza del minore, laddove l’immagine fotografica dei figli costituisce dato personale e la sua diffusione integra una interferenza nella vita privata.
Ma i pericoli maggiori si nascondono nelle chat on line, cioè nelle conversazioni istantanee alternative alla telefonata, poiché facilitano l’anonimato e la spersonalizzazione dei rapporti, dove si sviluppa il fenomeno del sexting (cioè l’invio di messaggi/immagini sessualmente espliciti) e del cyberbullismo.
Un recente sondaggio ha, infatti, evidenziato che in Italia, purtroppo, l’11% degli adolescenti ha subito atti di bullismo sul web, quasi sempre attraverso i propri profili social; il 42% si è sentito indifeso rispetto alla violenza subita; il 12% ha praticato atti di autolesionismo e il 5% ha avuto tendenze suicide.
Per contrastare il fenomeno, il Legislatore (L. 71/2017) ha promosso l’attivazione nelle scuole di programmi di educazione e prevenzione al cyberbullismo per portare a conoscenza dei minori l’esistenza di strumenti che consentono di chiedere direttamente al gestore del sito l’oscuramento/rimozione di contenuti offensivi.
Il ruolo della famiglia rimane, tuttavia, centrale. Consapevole dei pericoli della navigazione cibernetica, il genitore è, infatti, responsabile dell’accesso in rete del figlio e – qualora lo consenta – dovrà evitarne il cattivo uso.
L’adempimento al proprio dovere di vigilanza si scontra, tuttavia, con una molteplicità di fattori: da un lato, infatti, vi è la difficoltà di effettuare un controllo materiale sui contenuti visitati dai figli o pubblicati sui social network; dall’altro, vi è la necessità di tutelare la privacy dello stesso.
Nell’attuale era digitale, dunque, il compito del genitore è diventato sempre più arduo, poiché è chiamato ad agire ottemperando ai propri doveri senza ledere i diritti del minore e con una competenza telematica che sovente si paleserà inferiore a quella del figlio. Al genitore, dunque, non resta che puntare tutto sul dovere di educazione, facendo proprio il famoso adagio per il quale “prevenire è meglio che curare”!
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